LO SCOPO DELL’ESISTENZA

XXX Convegno A.R.C.O. – Pescia - 2011



"Quando la tua anima è pronta, lo sono anche le cose" (William Shakespeare)



Ci è dato conoscere in che modo raggiungere lo scopo dell'esistenza attraverso il comportarci bene, rispettare il prossimo e dedicarci all'amore universale secondo i principi religiosi e morali. In particolare ci sentiamo di porre come obiettivo qualcosa che ancora ci manca, che non si possiede, che sentiamo di avere nell'anima ma che non riusciamo ad esternare con precisione.

Con la nostra fragilità e limitatezza nel comprendere cosa ci sia oltre la fine della nostra esistenza, cerchiamo di dissipare dubbi e perplessità che vanno sempre più alimentando filosofie e comportamenti da parte di comunità di ispirazione più o meno religiosa che non sembrano avere un trascorso consolidato.

Noi cerchiamo di sostenere il principio che c'è vita oltre la morte, che quello che riusciamo a fare di buono e di bene ci fa progredire sulla strada evolutiva, seguendo un tracciato che in un certo senso è solo il nostro, frutto di esperienze di vite precedenti, con il sostegno del Vangelo che dovremmo considerare sempre il punto centrale di riferimento nel progredire sul sentiero della vita.


Desidero ricordare un versetto del Dante " Fatti non foste a viver come bruti ma per seguir vertute e conoscenza". E' chiaro il riferimento ad un obiettivo esoterico, spirituale che dovrebbe sempre illuminare noi stessi.


Ciascuno ha una missione da realizzare attraverso un cammino più o meno arduo e su questo sentiero nulla avviene per caso. A volte ci possiamo trovare coinvolti in azioni indesiderate, in situazioni non volute, allora dobbiamo ritrovare noi stessi e ricercare la Luce per rintracciare il nostro sentiero e migliorare e perfezionare noi stessi verso la conoscenza e l'amore nel corso della vita quotidiana dalla quale nasce e si sviluppa tutto il programma di vita.


Non dobbiamo porci grandi obiettivi, a volte riteniamo che quello che stiamo facendo in quel periodo sembra non avere importanza, che non sia qualificante, che strizza il nostro orgoglio che spesso ci spinge a strafare senza aver presente il fine certo per cui viviamo questa esperienza terrena. Ma è certo che anche dalle azioni comuni nasce la base solida sulla quale erigere il nostro edificio.


Ad ognuno di noi sono stati dati dei mezzi per raggiungere uno scopo, non è una ricetta uguale per tutti, la parabola dei talenti ci ricorda che dobbiamo agire secondo le proprie possibilità e capacità. Non ha nessuna importanza se durante la vita non sia ancora chiaro quello a cui dare la priorità, forse non lo sapremmo mai oppure ci appare spesso confuso come viaggiare d'inverno nella nebbia padana. Seguiamo la strada certa dell'evoluzione positiva per dare anche un senso gratificante alla vita materiale che non possiamo rinnegare.


La vita è un bene immenso che ci permette di vivere emozioni ed esperienze che faranno parte della nostra personalità. La società in cui viviamo, ma non solo in Italia, non valorizza sempre la vita anzi con norme legislative contestabili, dà l'impressione che non voglia sottolinearne l'importanza. La droga ad uso personale e la difesa e tutela a mio parere esagerata dei rei di violenza e omicidi sembrano andare contro la difesa della vita.

Noi non possiamo mettere a scadenza i nostri obiettivi da raggiungere, non siamo nella condizione di poterlo fare, lo stress della vita materiale ci porta in un vicolo stretto di traguardi che spesso non sono i nostri veri. E in questa ricerca spasmodica di volere a tutti i costi obiettivi da realizzare riteniamo di concretizzare la nostra vita. Tra felicità e dolori, tra spensieratezza e crisi.

Realizzare la vita coincide normalmente con l'avere tutto, anche quello che non ci interessa davvero. Lo facciamo solo per snob o per apparire socialmente. Tra insoddisfazione e tormenti vari si va avanti nel dubbio che quello che ci manca debba essere riempito con altri beni materiali.

Ciò che dovrebbe distinguere un uomo dall’altro non è la razza, la bellezza, l’educazione ricevuta o acquisita, i beni che possiede o la nazionalità, ma il grado di fratellanza e di amore necessari per vivere in sintonia con l'unione universale. Dovremmo riflettere che dal grado di resistenza al consumismo che in pratica ci obbliga a consumare il superfluo dipende la nostra forza di liberare il nostro io da questa stretta mortale. Riuscire se non a vincere il desiderio, almeno a tenerlo a freno nell'attrazione verso il benessere imposto dallo status sociale. Riuscire a togliere dalla mente le nostre preoccupazioni, ossigenare la nostra mente, la nostra anima con qualcosa di distensivo, tipo bella musica o lettura di autori che più ci attraggono, è un'opportunità da valutare per cercare di ritrovare quel nostro sentiero dal quale forse siamo usciti con l'intenzione di creare scorciatoie ma che poi abbiamo constatato essere inutile se non scelta deprecabile.

L’interrogativo sul senso dell’esistenza è sempre attuale, interessa gli uomini di tutte le epoche, anche dalle più antiche, soprattutto durante e dopo avvenimenti drammatici e funesti. Difficilmente noi ci poniamo questo interrogativo durante un periodo soddisfacente sotto ogni punto di vista.

La vita la vogliamo paragonare spesso ad un viaggio che dobbiamo affrontare anche contro la nostra volontà e spesso con incertezze o addirittura senza che abbiamo la possibilità di conoscere quali sono i mezzi a nostra disposizione per lo scopo dell'esistenza.

E' come un macchinista cui è stato assegnato il compito di condurre il treno verso una destinazione certa. Non può scegliere la strada, le rotaie lo obbligano a seguire un percorso stabilito da altri. Può solo fermare il treno nelle stazioni prefissate o sostare per qualche minuto spesso in aperta campagna perchè il semaforo impone il rosso. Certo al macchinista esperto sarà dato un treno veloce e moderno ed un percorso privilegiato, al macchinista alle prime armi un treno locale e rotaie in qualche tratto dissestate che si ferma in tutte le stazioni. Può accadere che sulla rotaia cada una frana e il macchinista non può fare altro che attendere con pazienza l'arrivo dei mezzi di soccorso per permettere al treno di ripartire. E' certo che prima o poi arriverà a destinazione, il ritardo accumulato sarà presto dimenticato. A noi non è dato sapere in anticipo i fatti che accadranno nella nostra vita e quindi non possiamo essere pronti a vivere le sorprese, soprattutto se negative e tragiche. Non valutiamo l'importanza del cuore se non quando malato. Il cuore batte 80 volte al minuto, ma ce ne scordiamo sempre. Riteniamo questa funzione normale, alla quale non viene data la giusta considerazione. Però questa funzione “normale” ci dà la vita e il progredire della stessa. Riteniamo che le azioni normali che compiamo tutti i giorni valgono poco ai fini della nostra evoluzione, pensiamo che soltanto se facciamo cose grandi, di grande soddisfazione propria e altrui debbano avere un punteggio da star. Potremmo cadere nell'orgoglio fine a se stesso, nell'espletare un'attività che non è tesa verso l'evoluzione, bensì a soddisfare il nostro amor proprio. Le vittorie conseguite potrebbero essere successivamente prive di significato, i successi ottenuti potrebbero occultare azioni semplici di gran lunga più preziose e importanti.

Riteniamo che la vita debba essere vissuta nel modo più veloce possibile, certi che se non perdiamo tempo possa giovarci in qualche modo. Non importa quello che facciamo, importante essere sempre in movimento.

Non diamo tempo al nostro corpo, alla nostra anima di fare una sosta per meditare su quello che abbiamo realizzato e se quello sia stato utile a fare un passo avanti verso la nostra evoluzione.

Tante certezze dovremmo trovare attraverso una serie di esperienze. Confessare che la felicità sia solo un mito inventato dal consumismo per darci la sensazione di vivere al massimo, sarà una grande liberazione. La felicità è uno stato spirituale che prescinde dalle cose possedute, anzi capiremo che meno cose si hanno e più saremo appagati nello spirito.

In alcuni periodi potremo sentirci tristi senza un motivo particolare apparente per scoprire poi con il tempo che la depressione appare solo a quelli che non sono capaci di accettare la tristezza.

Anche per l'amore, piano piano andremo a convincerci che quando lo sentiamo fortemente dentro di noi con molta probabilità durerà per sempre perchè lo abbiamo registrato in una parte di noi che è immortale. L'amore vero resta nel nostro io anche quando il rapporto materiale è cessato.

La parte spirituale può richiedere il suo spazio, soprattutto quando la parte materiale non riesce a soddisfare le nostre ricerche e le nostre certezze. Può essere che per consolidare la nostra ricerca dello scopo dell'esistenza abbiamo messo un punto fermo nel rapporto materiale-spirituale, dove il materiale ha allentato la presa ai nostri desideri e lo spirituale abbia aperto la finestra sul sentiero che ci deve portare a destinazione.

Da soli comunque difficilmente potremo raggiungere il traguardo.

La religione è alla base per poter conseguire il nostro obiettivo, poi con il tempo le nostre debolezze e incertezze ci hanno messo su un binario secondario per riflettere sulla validità delle dottrine per riuscire ad appagare i bisogni spirituali.

A maggior ragione la scienza che si dimostra incapace di dare una risposta sul perchè viviamo.

Per non parlare delle numerose correnti filosofiche che in un modo e nell'altro cercano di dare certezze pseudo originali per catturare i delusi dalle religioni.

L'Astrologia potrebbe essere considerata quale mezzo per conciliare fede e quella parte di scienza non antagonista dell'accettazione religiosa della vita.

In questo ambito San Tommaso d'Aquino nella “Summa Theologiae” tranquillizza i seguaci di questa pratica nell'accettare la “conoscenza dell'avvenire attraverso il passato e il presente, prova di prudenza... le cose future nelle loro cause possono essere considerate come mezzi conoscitivi naturali dell'uomo stesso, la divinazione dei futuri eventi naturali che si verificano a seconda della posizione degli Astri, non è illecita, anzi è onesta”.

Dall'Astrologia potremmo quindi trarre valide indicazioni dall'esame del tema di nascita analizzando la posizione dei Pianeti cosiddetti “lenti” (Giove, Saturno, Urano, Nettuno e Plutone) e la qualità degli aspetti esistenti tra loro e tra i restanti Pianeti “veloci” (Sole, Luna, Mercurio, Venere e Marte). Con il passare degli anni seguire l'evolversi delle posizioni attraverso le progressioni secondarie con le quali possiamo attualizzare i nostri momenti di vita.

A titolo conoscitivo possiamo ora indicare quali sono i Pianeti che governano in linea approssimativa i periodi della nostra vita:

Se vogliamo quindi sapere come sarà la nostra infanzia, esaminiamo il movimento progresso della Luna con i conseguenti aspetti che andrà a formare con gli altri Pianeti. E così via con i rimanenti periodi.


Un altro aspetto da considerare è la sofferenza. Dalla sofferenza traiamo importanti valori e risposte alla necessità di proseguire il nostro percorso che – non ce lo dimentichiamo – da un punto di vista esoterico è una nostra scelta, ora inconsapevole e di cui non ne conosciamo i termini. La sofferenza ci mette le spalle al muro, non c'è scampo, e ci fa rientrare nel sentiero che per superficialità e leggerezza abbiamo smarrito. La sofferenza ci lega molto di più al destino e ci fa comprendere che la vita continua oltre la morte. Ci scrolla da dosso il superfluo, le nostre indecisioni si trasformano in certezze e riusciamo ad avere un contatto privilegiato con il soprannaturale. La condizione di gioia e benessere materiali non ci danno la certezza di vivere una esistenza alternativa agli schemi sociali tradizionali; da queste opportunità possiamo tuttavia trarre l'essenza dei sentimenti e condizioni di vita per alimentare i valori spirituali.

Sono le difficoltà che ci aprono la mente e ci spingono a trovare migliori soluzioni. Di fronte alle difficoltà non ci arrendiamo e il nostro ego ne esce più rafforzato.

I Sacri Testi ci spiegano con vari aneddoti perché soffriamo. La causa non è Dio che è amore e giustizia e anche se vengono attribuite pesanti responsabilità alla prima coppia umana (Adamo ed Eva), di certo quanto accumulato nelle precedenti esistenze ha oggi un suo peso. La filosofia rosacrociana ce lo ricorda spesso. Azioni ed errori commessi gratuitamente nel passato, oggi devono essere riparati, in un modo o in un altro. Inoltre prendere coscienza che quello che facciamo non si perde nel nulla ma arricchisce le due parti del nostro forziere spirituale, accumulando in una il male, nell'altra il bene.

Sapere perché esistiamo è già importante per ritrovare il coraggio e l'energia per affrontare e risolvere i problemi. Inoltre noi del Cristianesimo siamo gli unici del creato ad avere sulle nostre teste la benevolenza del divino che comunque vada non ci abbandonerà.

Il recente viaggio in India mi ha ricordato che secondo il buddismo e l'induismo la salvezza è frutto di azioni individuali con il far del bene agli uomini e animali. Non ci sono intermediari che si adoperano per farci scontare i peccati a seguito di azioni sbagliate commesse.

Noi cresciuti e allevati nel cristianesimo-cattolicesimo partiamo forse con un leggero vantaggio, quello di essere amati da Dio, tramite il messaggio e il sangue di Gesu' Cristo.

Ma le filosofie orientali considerano ciò una ingiustizia perpetrata nei confronti di chi conduce una esistenza in linea con i principi morali tesi verso l'evoluzione spirituale. Non ammettono il lancio di una corda di salvezza a quanti nella vita hanno sperperato le loro risorse, i loro talenti in azioni futili, materiali fine a se stessi, atti criminali fino all'omicidio. La filosofia orientale ci conferma che ciò non è possibile, ognuno deve salvarsi da solo e se non ce la farà in questa esistenza, dovrà riprovarci in quella successiva.

Nella culla del Cristianesimo noi non siamo messi a rispondere tassativamente delle nostre azioni, facciamo sempre in tempo a redimerci, a trovare la corretta strada anche avanti negli anni, senza tener conto di quello che abbiamo fatto di sbagliato e sembrerebbe contro ogni principio di evoluzione spirituale. In conclusione a noi basta pentirci un attimo prima per vincere la fine materiale dell'esistenza ed assicurarci un posto al sole, in Paradiso.

Per noi cristiani quindi tra salvezza, grazia e redenzione il cammino sembrerebbe meno arduo.

Non voglio pensare che i fedeli di altre religioni e filosofie possano essere considerati di seconda categoria e che il peso del loro percorso possa frenare la salvezza.


Vorrei terminare la relazione riportando la conclusione del romanzo “Shantaram” letto prima di andare in India quest'anno:


Perchè la vita è così.

Procediamo a piccoli passi.

Rialziamo la testa e torniamo ad affrontare il volto feroce e sorridente del mondo.

Pensiamo. Agiamo. Sentiamo.

Diamo il nostro piccolo contributo alle maree del bene e del male che inondano e prosciugano la terra.

Trasciniamo le nostre croci ammantate d'ombra nella speranza di una nuova notte.

Lanciamo i nostri cuori coraggiosi nelle promesse di un nuovo giorno.

A volte compiamo azioni sbagliate per un fine giusto.

Con amore: l'appassionata ricerca di una verità diversa dalla nostra.

Con struggimento: il puro, ineffabile anelito di essere salvati.

Poiché fino a quando il destino ce lo consente, continuiamo a vivere.

Che Dio ci aiuti.

Che Dio ci perdoni.

Continuiamo a vivere.


Shantaram, romanzo autobiografico di ben 1.177 pagine

autore: Gregory David Roberts


Grazie dell'attenzione.


Antonio Adriani

XXX Convegno A.R.C.O.

Villa delle Rose, settembre 2011